La steatosi epatica non alcolica (in inglese NAFLD, acronimo di Non-Alcoholic Fatty Liver Disease) è una malattia del fegato divenuta purtroppo molto comune ed è dovuta ad un eccessivo accumulo di grasso nel fegato. Viene definita appunto non alcolica proprio per distinguerla dalla steatosi epatica alcolica che invece è dovuta ad un eccesivo abuso di alcolici e superalcolici.

Le cause principali di questa patologia sono:

– sedentarietà;

– malnutrizione;

– abuso di cibi grassi (insaccati, latticini, fritture, cibo spazzatura etc.);

– eccessiva assunzione di fruttosio;

– abuso di carboidrati raffinati (pane, pasta, prodotti dolciari e da forno etc.);

– assunzione di bevande industriali dolcificate.

L’insieme di tali fattori solitamente conduce anche all’aumento di peso e all’alterazione del microbiota intestinale. Infatti, questa patologia spesso è collegata all’obesità, al sovrappeso e all’insulino-resistenza.

I pazienti affetti da questo disturbo, presentano solitamente valori sanguigni non regolari, come trigliceridi alti, colesterolo elevato, insulinemia e glicemia alterate etc., tutti indicatori che stanno alla base della sindrome metabolica, ovvero quella condizione patologica caratterizzata dall’insieme di differenti problematiche che possono far aumentare il rischio di sviluppare gravi insufficienze cardiovascolari, diabete mellito, obesità e altro ancora.

Quando la steatosi non viene trattata subito ed in modo adeguato può degenerare velocemente, causando cirrosi, fibrosi, insufficienza epatica cronica e, nei casi più gravi, carcinoma epatocellulare.

Purtroppo, ancora oggi non esiste una terapia farmacologica in grado di trattare adeguatamente ed in modo definitivo questa disfunzione ma, fortunatamente, la ricerca scientifica ha fatto notevoli progressi nello studio delle malattie del fegato.

Un recentissimo studio pubblicato nella rivista medica “International Journal of Molecular Sciences”, infatti, ha dimostrato che l’alimentazione interagisce con la componente genetica di ciascun individuo, nonché con i fattori ambientali.

A seguito di tale scoperta, la nutrigenomica assume un ruolo chiave nel trattamento dei pazienti affetti da steatosi epatica non alcolica, dando un’importanza fondamentale alle sostanze nutritive introdotte nell’organismo attraverso l’alimentazione.

Nei miei pazienti, in cui riscontro un fegato grasso, il mio approccio è solitamente un  percorso alimentare  personalizzato volto a ridurre i picchi glicemici ( con la conseguente riduzione della trasformazione dello zucchero in grasso ad opera dell’insulina) e che stimoli la fisiologica produzione di un ormone chiamato glucagone.

Uno dei principali effetti di questo ormone è proprio quello di “scaricare” il grasso dal fegato per convertirlo in zucchero dopo una serie di passaggi biochimici.

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Fonte scientifica

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28714900